PSICOTERAPIA DELL’ETÀ EVOLUTIVA

COS’È

Quando il bambino sperimenta un disagio, spesso non riesce ad esprimerlo verbalmente ai suoi genitori, ma manifesta un “sintomo” a livello comportamentale (ad es. reagendo in maniera oppositiva alle regole), emotivo (es. crisi di pianto o di rabbia) o somatico (es. mal di pancia, enuresi). Il bambino esprime il suo disagio nella relazione con i suoi genitori, a scuola, con i compagni. I sintomi possono manifestarsi sottoforma di:

  • disturbi d’ansia (fobia scolare, mutismo selettivo, ansia da separazione, disturbo ossessivo-compulsivo): il bambino esprime forte ansia in alcune situazioni sociali, a scuola, quando si deve separare dai suoi genitori, oppure manifesta una forte rigidità e aderenza ad alcune regole/routine;
  • disturbi depressivi: possono manifestarsi con difficoltà a mangiare, svegliarsi, mantenere l’attenzione a scuola;
  • disturbi psicosomatici: mal di pancia, mal di testa, nausea, disturbi dell’alimentazione, che spesso richiedono la vicinanza immediata e prolungata del genitore;
  • disturbi oppositivi-provocatori: messa in atto di comportamenti provocatori o vendicativi in maniera ripetitiva, ma non necessariamente legata ad una situazione specifica, con un atteggiamento aggressivo, sfidante, punitivo.

Il bambino non è in grado di darsi una spiegazione di ciò che gli succede, per questo motivo può sentirsi diverso, incapace o mancante di qualcosa, pensare di avere la colpa e la responsabilità del suo disagio. Dall’altro lato, anche i genitori spesso si sentono responsabili del suo star male, possono dubitare di essere dei “bravi genitori” o pensare di essere in qualche modo la causa principale del disagio del bambino.

Il primo obiettivo della psicoterapia è quello di spiegare al bambino che non c’è niente che non va in lui/lei: il terapeuta e i genitori non vogliono che il bambino cambi ciò che è, ma vogliono aiutarlo a capire quali sono le situazioni che lo mettono in difficoltà e lo fanno sentire a disagio.

L’intervento con il bambino viene giocato sulla relazione, non sul sintomo che manifesta. Il primo passaggio è rivolto all’accoglienza delle sue caratteristiche e dei suoi limiti, e contemporaneamente alla valorizzazione dei suoi punti di forza e delle sue capacità. Attraverso il disegno, il gioco e le favole, si permette al bambino di esprimere le emozioni che sente, a comunicarle all’esterno e a trovare una spiegazione di quello che gli succede. Il gioco e le storie permettono di affrontare in modo “leggero”, senza giudizi, le situazioni quotidiane che lo mettono in difficoltà, permettendogli di padroneggiarle e di trovare sicurezza in sé e nelle figure che ha accanto.

L’adolescenza è un territorio incerto in cui non si può più fare affidamento sulle modalità di conoscenza e sulle strategie che si usano quando si è bambini; ancora non si padroneggia il nuovo corpo che sta cambiando e ci si confronta con nuovi pensieri ed emozioni. É un momento cruciale perchè costituisce il periodo in cui si struttura l’identità personale, ed è proprio in una fase così critica che possono nascere alcune difficoltà, che in alcuni casi sfociano in diverse tipologie di disturbi.
L’adolescenza è infatti una fase del ciclo di vita in cui l’individuo è chiamato a realizzare alcuni compiti evolutivi (G. Pietropolli Charmet, 2000):

  • il processo di separazione-individuazione;
  • la mentalizzazione del proprio corpo;
  • la definizione e la formazione di nuovi valori di riferimento;
  • la nascita come soggetto sociale.

L’adolescenza rappresenta una grande occasione di cambiamento in campo corporeo, cognitivo e affettivo, ma anche un periodo in cui le vulnerabilità emerse nell’infanzia possono organizzarsi e ostacolare il raggiungimento dei compiti evolutivi di questa fase di vita.
Uno dei principali obiettivi di un adolescente è quello di diventare nel tempo sempre più autonomo dai propri genitori. Ciò implica, a volte, comportamenti oppositivi nei confronti degli adulti. I genitori, che vorrebbero rivolgersi per il proprio figlio a uno specialista, spesso possono incontrare il suo rifiuto, più o meno esplicito, ad accedere a una consultazione psicologica. Proprio per questo motivo, il primo passo di un percorso psicoterapeutico è quello di chiarire che terapeuta e genitori non lo vogliono diverso da come è, e lo supportano nel fare chiarezza rispetto al malessere che sta vivendo e alle situazioni che lo mettono in difficoltà.
Diventa fondamentale sostenere il ragazzo in difficoltà quando mostra malessere (a diversi gradi di intensità) attraverso, ad esempio:

  • Somatizzazioni e/o pensieri ossessivi;
  • Ansia generalizzata e/o attacchi di panico;
  • Impulsività e comportamento dirompente, verso se stessi (come l’autolesionismo) o verso gli altri;
  • Apatia, assenza di investimento nel futuro e ritiro dalle relazioni.

Il terapeuta accetta l’incertezza del presente, che è fisiologica dell’adolescenza, e aiuta il ragazzo a comprendersi e a diventare consapevole di ciò che gli sta accadendo, facendolo sintonizzare sui propri imprevedibili andamenti e portandolo a dare un senso e una coerenza a emozioni e pensieri.

I Centri di Psicologia Clinica offrono percorsi di psicoterapia per il bambino, l’adolescente e la sua famiglia. I genitori sono insostituibili e hanno un ruolo fondamentale. Per questo il terapeuta lavora non solo con il bambino o l’adolescente ma anche con loro, passo dopo passo, offrendo un sostegno alla genitorialità. In alcuni casi il terapeuta può inoltre lavorare con gli insegnanti e le sue figure significative, facendo da ponte tra il ragazzo, la famiglia e la scuola.

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