Il 1° Giugno si celebra la Giornata Mondiale dei Genitori, istituita dall’ONU nel 2012 per celebrare l’importanza del loro impegno e della loro dedizione nell’allevare i figli. Uno dei momenti più delicati nella vita dei genitori sopraggiunge quando il proprio bambino diventa adolescente.

In questa fase i ragazzi possono manifestare comportamenti poco riconoscibili e incomprensibili, come scoppiare a piangere o a urlare senza apparente motivo, rispondere telegraficamente “bene’’ a qualsiasi domanda o chiudersi in camera e restarci per ore. In certi casi potrebbero emergere espressioni di malessere più allarmanti che prendono la forma di problematiche alimentari, isolamento emotivo, dipendenza da sostanze o gesti autolesivi.

Vivere sotto lo stesso tetto a volte diventa una sfida e spesso genera vissuti che portano a mettere in dubbio le proprie competenze genitoriali. Per questo è importante ricordare che in adolescenza la mente subisce una vera e propria ristrutturazione, che non dipende solo dalle caratteristiche del contesto di appartenenza bensì è fisiologica e ha a che fare coi cambiamenti che avvengono all’interno del cervello!

Adolescenza

L’adolescenza è una fase della vita caratterizzata da intesità e incertezza. È un periodo delicato perché l’adolescente non può più fare totale affidamento su quanto appreso durante l’infanzia e si trova a fare i conti con un nuovo corpo, nuovi pensieri e nuove emozioni.

È una fase ricca di potenzialità in cui gli schemi personali vengono messi in crisi e si passa dalla dipendenza dai genitori al desiderio di indipendenza e di vicinanza con la realtà dei coetanei. Si sente una forte spinta alla ricerca di novità, prevale il bisogno di stare con il gruppo di amici, le emozioni si fanno sentire con più forza. Inoltre, il cervello inizia a utilizzare strategie di conoscenza nuove e creative legate alla capacità di pensare in maniera astratta e alla maggiore capacità auto-riflessiva.

Falsi miti

Gli stereotipi legati a questa fase di vita sono diversi e tra i più diffusi troviamo:

  • Gli ormoni fannoandare fuori di testa i ragazzi. Non è l’aumento di ormoni a provocare instabilità, bensì i cambiamenti che avvengono a livello cerebrale.
  • È una fase di immaturità. Se così fosse non resterebbe che incrociare le dita sperando che passi in fretta e senza troppi danni! Invece è un periodo in cui, passando anche attraverso momenti di difficoltà, ciascun ragazzo potrebbe fiorire, riuscendo ad esprimere al meglio le proprie potenzialità.
  • L’adolescente passa da una fase di dipendenza alla totale indipendenza dagli adulti. Nonostante la predilezione per il confronto con i pari, la presenza degli adulti di riferimento è fondamentale: permette ai ragazzi di realizzare il proprio bisogno di dare e di ricevere aiuto, anche e soprattutto all’interno di legami profondi come quelli con i propri genitori. 

Il ruolo della dopamina

Nel corso dell’adolescenza si intensifica l’attività dei circuiti cerebrali che utilizzano la dopamina, il neurotrasmettitore fondamentale per gli stati di motivazione e gratificazione.

In realtà le ricerche sottolineano come il livello base di dopamina sia inferiore rispetto ad altre fasi di vita, ma aumenta la quantità rilasciata in relazione all’azione. Questo dato aiuta a comprendere la maggiore suscettibili alla noia, ma anche l’aumento della sensibilità all’effetto di attività nuove ed eccitanti in grado di provocare sensazioni di euforia.

La spinta alla ricerca della gratificazione si manifesta con:

  • Aumento dell’impulsività;
  • Maggior predisposizione allo sviluppo di dipendenze;
  • Tendenza a pensare in termini concreti dando maggiore peso ai fattori positivi rispetto alle conseguenze negative delle proprie azioni.

Questo non vuol dire che i ragazzi non siano consapevoli delle conseguenze delle loro azioni, ma che tendono a dare più importanza agli aspetti positivi dell’esperienza (il brivido, la condivisione del momento, il desiderio di infrangere le regole…) sottovalutando i rischi che corrono.

Una nuova struttura cerebrale

In adolescenza il cervello affronta due mutamenti sostanziali che cambiano la struttura cerebrale e il modo di funzionare.

Da un lato la mielina, la guaina che riveste l’assone del neurone (il prolungamento principale della cellula nervosa), migliora significativamente l’efficienza delle comunicazioni fra i neuroni.

Dall’altro lato avviene una riduzione dei neuroni e del numero delle sinapsi, una vera e propria “potatura” che consente di eliminare le connessioni in disuso. Questa riduzione ha inizio già prima dell’adolescenza, ma in questa fase ha il suo picco. Il cervello è plastico e influenzato (seppur non in modo deterministico) dalle esperienze vissute: più si usa uno specifico circuito (e quindi si allena una determinata capacità) più questo si rafforza!

Entrambi i cambiamenti permettono l’integrazione e il collegamento tra aree cerebrali diverse, una maggiore efficienza e l’acquisizione durante il progredire dell’adolescenza della capacità di pensiero astratto e globale.

Questa capacità di creare connessioni e ragionare tenendo conto della complessità del quadro d’insieme è un’acquisizione specifica di questa fase di vita, e può essere potenziata con l’esperienza. I giovani iniziano a riflettere sulla propria esistenza con modalità più complesse che permettono di formulare ipotesi su di sé (Chi sono? Chi voglio essere? Cosa voglio fare?) e sul legame con gli altri (Come mi vedono gli altri? Piaccio per come sono?). 

Sintomi come alleati

L’adolescenza è una fase piena di opportunità, ma è anche molto delicata, soprattutto se si verificano apprendimenti disfunzionali rispetto alla gestione delle proprie emozioni e dei rapporti con gli altri.

Se un adolescente non impara ad ascoltarsi, a comprendersi e a usare le proprie emozioni come bussole per orientare il comportamento è possibile che la sua sofferenza prenda forme diverse, più o meno impattanti sulla quotidianità.

È possibile che si manifestino “sintomi” derivati dall’impossibilità di tradurre il proprio malessere in altro modo. I sintomi, pur diventando talvolta oggetto di grande preoccupazione, non sono nemici, ma punti di partenza per capire com’è fatto quel malessere e qual è il messaggio di cui si fa portatore.

Può capitare di focalizzarsi sui comportamenti disfunzionali senza comprendere com’è fatta la sofferenza da cui derivano: è un po’ come preoccuparsi della febbre (sintomo) senza occuparsi del batterio (origine della febbre). Così se, ad esempio, si placa la tachicardia (sintomo) con farmaci, cibo o altre sostanze senza capire cos’ha attivato la paura in una data situazione (origine della tachicardia), si rischia di diventare dipendenti dal rimedio senza averne compreso la sorgente. I ragazzi, alla luce di quanto condiviso finora, risultano sensibilmente più vulnerabili a questo tipo rischio.

Le fatiche emotive che ciascun adolescente prova e le modalità di espressione che utilizza sono uniche e possono scatenare nei genitori vissuti non facilmente gestibili, ma costituiscono un’opportunità di comprendere cosa per lui o lei è davvero importante in quel momento e cosa gli sta impedendo di raggiungere i propri obiettivi.

Adolescenza: Istruzioni per l’uso

Assumere un assetto non giudicante

Meglio evitare di fare paragoni e di giudicare l’esperienza dei ragazzi in base alla propria: “quando ero ragazzo io…ai miei tempi…”. Armarsi di curiosità lasciare da parte il giudizio aiuta a tenere aperto il canale comunicativo. Può anche essere utile per il genitore ripensare alla propria adolescenza per osservare le differenze con il proprio figlio: capire come funzionano per lui le relazioni, se si sente escluso o accolto, che tipo di rapporti intercorrono tra lui e i suoi coetanei e con che intensità e profondità li coltiva.

Accettare il ragazzo per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse, accogliere le sue emozione per ciò che sono, senza spaventarsene né minimizzarle, lo aiuterà a sintonizzarsi sui propri vissuti.

Porre dei limiti

Nonostante gli adolescenti siano predisposti alla sperimentazione e a comportamenti fuori dagli schemi, rispettare la loro natura non significa non porre dei limiti, ma riconoscere i bisogni alla base delle loro azioni, indirizzandoli verso comportamenti più funzionali.

Nominare per padroneggiare

I problemi non nascono dal dolore che ognuno di noi può sperimentare in situazioni di forte stress, ma prendono forma dal modo in cui il dolore viene affrontato.

Il primo passo è ascoltare ciò che si prova e dargli un nome. Identificare ciò che si sente dà un’indicazione rispetto ai bisogni e desideri. Per acquisire consapevolezza delle emozioni è importante imparare a creare spazio temporale tra la percezione della sofferenza e l’eventuale azione per mitigarla. Quando questo intervallo di tempo non c’è più, o non c’è mai stato, si confonde la sofferenza con il rimedio, buono o cattivo che sia. Si rischia così di prendersela con il comportamento agito (ad esempio abbuffarsi di cibo) senza aver cura del vissuto che l’ha preceduto (ad esempio paura per una situazione temuta).

Più si diventa consapevoli delle proprie emozioni, nominandole e prendendo confidenza con esse, più si riesce a modularle in modo che non pilotino le azioni. 

L’adolescenza dei genitori

Può darsi che il genitore a sua volta non sia stato allenato ad ascoltarsi e ad approcciarsi con curiosità al proprio mondo interno. Ognuno è stato figlio e deve fare i conti con gli schemi appresi in modo più o meno implicito. La sfida che si pone nel relazionarsi con un adolescente diventa anche per l’adulto un’occasione di maggior conoscenza di sé.

Com’è stato per il genitore essere adolescente? Ha trovato (o non trovato) accoglienza quando ha affrontato situazioni difficili? Cosa è stato utile e cosa avrebbe evitato di fare?

La buona notizia è che le rappresentazioni del proprio modo di amare e relazionarsi con le proprie figure di riferimento sono modificabili: per farlo, bisogna osservarle e metterle in discussione fino a sciogliere i nodi e ad acquisire maggiori gradi di libertà.

Essere base sicura

Gli adulti sanno ascoltare e gestire le proprie emozioni? Sono capaci di modularle? Quanto spesso vengono sopraffatti o le negano? Bisogna avere dimestichezza con la regolazione delle proprie emozioni per poter poi insegnare queste competenze ai figli e per essere per loro un porto sicuro su cui fare affidamento quando il mare è in tempesta.

Si può esplicitare che si è aperti e disponibili ad ascoltarli, qualsiasi siano le loro emozioni e i loro pensieri. I ragazzi provano vissuti che sono difficilmente traducibili in parole: il nostro assetto di ascolto, insieme alla possibilità di offrirgli punti di vista diversi, può fare la differenza.

Esplorazione: un sentiero da costruire

L’adolescenza è un’età coraggiosa ed evolutivamente importante: l’audacia tipica di questa fase permette di andare alla scoperta del mondo e consente alle famiglie di raggiungere un grado di adattamento alla realtà sempre maggiore ad ogni passaggio generazionale.

Nell’esplorazione di sé e della società in cui viviamo, può capitare di smarrirsi lungo il percorso. Ciò diventa un’occasione per farsi domande nuove: gli intoppi e gli inciampi non pregiudicano la possibilità di alzarsi e ricominciare il viaggio più consapevoli del proprio bagaglio di esperienze e risorse.

Se il ritrovare la strada a volte risulta complesso, è possibile avvalersi dell’aiuto di un esperto che fornisca gli strumenti per orientarsi in questo territorio incerto.

Autore

dr.ssa Martina Segale – Centro Psicologia Maggiolina

FONTI

Lambruschi F. (2014). Psicoterapia cognitiva dell’età evolutiva. Procedure di assessment e strategie psicoterapeutiche.

Ravera F. (2021) Anime adolescenti : Quando qualcosa non va nei nostri figli. Come accorgersene e cosa fare.

Siegel Daniel J. (2014). La mente adolescente.