Il burnout è una condizione psicologica complessa che nasce da un’esposizione prolungata e continua a situazioni di stress, in particolare quelle caratterizzate da una forte componente psicosociale. Questo fenomeno, inizialmente studiato nell’ambito del lavoro e in particolare delle professioni d’aiuto, si è progressivamente esteso anche ad altri contesti, incluso quello sportivo.

Burnout e sport

Lo sport infatti è una dimensione trasversale a molte vite in molti modi: una grande passione, un obbligo fastidioso, un momento di condivisione con gli amici, una modalità di viaggiare, un canale per conoscere il proprio corpo, uno strumento per prendersi cura dei pensieri e delle emozioni.

Per alcune persone, però, lo sport diventa anche un lavoro! Dietro a ogni trofeo, così come a ogni sconfitta, ci sono ore di allenamento, sudore ed emozioni intense. A volte, il carico delle aspettative personali o dei tifosi, oppure la responsabilità percepita rispetto alla squadra o all’allenatore, può diventare eccessivo e generare forte stress. Del resto, chi di noi avrebbe fatto volentieri a cambio con Baggio in quella famosa finale del 1994?

Un po’ di storia

Nel maggio 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha incluso il burnout nell’undicesima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11), definendolo come un “fenomeno occupazionale”. Con questa definizione l’OMS intende sottolineare come il burnout non sia una condizione medica in senso stretto, bensì il risultato di una condizione di stress cronico che non è stata gestita con successo, per esempio, sul posto di lavoro.

Le dimensioni del burnout

Questo fenomeno si manifesta attraverso tre dimensioni principali:

  • Sensazione di esaurimento o mancanza di energia;
  • Maggiore distanza mentale dal proprio lavoro, sentimenti di negativismo e cinismo;
  • Ridotta efficacia professionale.

Una definizione

La letteratura scientifica offre varie definizioni del burnout, che variano in base al contesto di riferimento e allo strumento utilizzato per la sua valutazione. Maslach e colleghi (1981) hanno identificato il burnout nell’ambito delle professioni d’aiuto a partire da tre fattori: l’esaurimeto emotivo, il cinismo e la ridotta realizzazione personale.

Shirom e colleghi (1989; 2003) hanno descritto il fenomeno attraverso le variabili di esaurimento emotivo, affaticamento fisico e stanchezza cognitiva, proponendo dunque di considerarlo quale quadro clinico autonomo e anche al di fuori dell’ambito lavorativo.

E nello sport?

Nel 2001, Raedeke e Smith propongono di studiare questa condizione all’interno del contesto atletico, definendo così le sue caratteristiche:

  • Esaurimento fisico ed emotivo, legato all’intensità degli allenamenti e della competizione;
  • Svalutazione dello sport, per cui l’atleta assume un atteggiamento cinico e distaccato verso l’attività sportiva;
  • Ridotta percezione di competenza personale, per cui l’atleta si percepisce inefficace e poco performante.

La vulnerabilità della Generazione Z…

Poiché il fenomeno del burnout è caratterizzato da diverse dimensioni, sono molteplici i fattori che possono influenzarlo: individuali, interpersonali e contestuali. Il burnout infatti si svilupperebbe dall’interazione tra caratteristiche personali, relazioni e ambiente sociale di riferimento.

Questa complessità emerge con particolare evidenza nel caso della Generazione Z, ossia i nati tra il 1995 e il 2012. Gli atleti di questa fascia, infatti, presentano caratteristiche peculiari che possono aumentarne la vulnerabilità:

  • Maggiore sensibilità ai feedback negativi;
  • Tempi di attenzione più brevi;
  • Dipendenza più marcata dal supporto degli adulti.

… E la loro resilienza

La Generazione Z presenta tuttavia anche un fattore protettivo chiave: la resilienza, sia sul piano individuale che a livello di gruppo o squadra. Studi scientifici (Vitali et al., 2011; 2015) suggeriscono che un clima motivazionale orientato alla competenza unitamente a un forte supporto sociale percepito possano rafforzare la resilienza degli atleti e ridurre il rischio di burnout.

Questo, però, a patto che le pratiche di allenamento vengano adattate alle esigenze specifiche della Generazione Z, creando ambienti sportivi in grado di promuovere non solo la performance, ma anche il benessere psicologico e la crescita personale degli atleti (Ghiretti et al., 2021).

Rivolgersi a uno specialista

A volte la passione per la propria disciplina e la presenza di una squadra solidale o di figure di riferimento supportive risollevano il morale, e permettendo di ricontattare la propria motivazione profonda, tanto nella pratica quanto più in generale nella quotidianità.

Può però capitare che l’umore non accenni a migliorare, o che la percezione di incompetenza e inadeguatezza soffochi il benessere della persona durante le sue giornate. In questo caso, è importante rivolgersi a uno specialista per aprirsi al dialogo e all’esplorazione di questo carico divenuto eccessivo.

Articolo a cura del Dott. Carlo De Santis Centro Psicologia Città Studi

La ricerca

Il Dott. Carlo De Santis è impegnato insieme al Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport proprio nello studio e nell’approfondimento del burnout in atleti della Generazione Z. Se il lettore o suoi conoscenti fossero interessati a partecipare, il link è disponibile qui.

FONTI
World Health Organization. (2019, May 28). Burn-out an “occupational phenomenon”: International Classification of Diseases.
Maslach, C., & Jackson, S. E. (1981). The measurement of experienced burnout. Journal of Organizational Behavior, 2(2), 99–113.
Shirom, A. (1989). Burnout in work organizations. In C. L. Cooper & I. Robertson (Eds.), International Review of Industrial and Organizational Psychology (pp. 25–48). Wiley.
Shirom, A. (2003). Job-related burnout: A review. In J. C. Quick & L. E. Tetrick (Eds.), Handbook of Occupational Health Psychology (pp. 245–265). American Psychological Association.
Vitali, F., Bortoli, L., Bertinato, L., Robazza, C., & Schena, F. (2015). Motivational climate, resilience, and burnout in youth sport. Sport Sciences for Health, 11(1), 103–108.
Vitali, F., Bortoli, L., Robazza, C., Bertinato, L., & Schena, F. (2011). Mental toughness e resilienza nello sport.CONI Abruzzo.
Ghiretti, P., Cavicchiolo, E., & Petruccelli, I. (2021). L’importanza dell’allenamento psicologico per la resilienza nella Generazione Z. In Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport (Eds.), Adolescenti e sport: nuove sfide educative. Milano: Centro Studi Psicosport.