Il Blue Monday cade il terzo lunedì di gennaio ed è ritenuto il giorno più triste dell’anno per chi, come noi, abita nell’emisfero boreale. Per l’anno corrente la “data funesta” è il 16 gennaio: se avete dei piani in programma, rimandateli. Ma di che cosa si tratta veramente? Vi raccontiamo le sue origini e, soprattutto, perché la tristezza e la depressione sono stati da imparare a conoscere e riconoscere.
Perché “Blue Monday“?
Perché “blue”? A partire dal poema “The Complaint of Mars” di Geoffrey Chaucer (XIV secolo), il termine inglese non indica più solo il colore che, associato alle lacrime, diventa metafora della tristezza.
Perché “monday”? Un po’ perché nelle culture occidentali il lunedì è il giorno del rientro al lavoro, un po’ per l’equazione che Cliff Arnall ha ideato tenendo conto di numerose variabili stressogene slegate tra loro ma che, accumulandosi, dovrebbero avere un impatto negativo sull’umore. Ad esempio, la malinconia post-natalizia, i primi fallimenti dei buoni propositi o il meteo. Il risultato di quest’espressione indicherebbe che proprio durante la terza settimana di gennaio le persone dovrebbero sentirsi più tristi che mai visto che realizzano la fine delle festività e il miraggio delle ferie estive.
Ogni lunedì è “blue“?
Nel corso degli anni, l’ipotesi “Blue Monday” si è estesa a tutti i lunedì del calendario. Alcuni studi sostengono che la fluttuazione dell’umore non sia casuale ma che segua il ciclo settimanale suddiviso tra il lavoro nei giorni feriali e il tempo libero nei festivi. Le persone avrebbero quindi un umore più deflesso il lunedì e più elevato al venerdì, in vista dell’agognato fine settimana (Abu Bakar, Siganos & Vagenas-Nanos, 2013). Al fenomeno così definito si sono interessati soprattutto i ricercatori del mondo dell’economia e della finanza, trovando una correlazione tra l’oscillazione dell’umore da lunedì a venerdì e le strategie di gestione del portafoglio personale di investitori esperti: a parità di guadagni, molti più investitori tendevano a preferire soluzioni a basso rischio il lunedì rispetto al venerdì (Pettengill, 1993).
“Blue Monday”?: una questione di ritmi
L’idea della ciclicità e della stagionalità non è nuova in psicologia: è infatti noto come le funzioni psicofisiologiche (ad esempio il sonno e l’appetito) seguano un ritmo definito “circadiano”, ossia relativo alle 24 ore, la cui de-sincronizzazione può essere collegata a sintomi depressivi (Monteleone, Martiadis & Maj, 2011). Rosenthal (1984) si è focalizzato sul Disturbo Affettivo Stagionale (SAD, in inglese: un acronimo quanto mai azzeccato), un’alterazione psicofisica che genera cambiamenti dell’umore, dell’appetito e del sonno durante il cambio di stagione, in particolar modo in autunno e verso l’inverno. Ad oggi la diagnosi è decaduta e nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V) è una specifica del disturbo depressivo qualora si verifichi ciclicamente solo in un dato momento dell’anno.
Blue Monday tra mito e realtà
Sin dalla sua prima comparsa il concetto di Blue Monday è rimasto sospeso tra mito e realtà. Nel 2005 l’agenzia turistica Sky Travel (che aveva finanziato gli studi di Arnall sulla formula del Blue Monday… certe cose è il caso sottolinearle) aveva pubblicizzato il fenomeno per vendere pacchetti-vacanza dopo Capodanno. Anche i media occidentali, stappato lo spumante e digerito il panettone, sfornano ogni anno articoli dedicati al tema senza collezionare nuove evidenze scientifiche, ma limitandosi a cambiare la data a seconda del calendario. Si può dire che la campagna di marketing iniziata quasi vent’anni fa abbia funzionato!
All’altro angolo del ring, il mondo scientifico ha bollato l’equazione del Blue Monday come assurda insistendo sulla non sussistenza del fenomeno. Per quanto i fattori sottolineati da Arnall possano giocare un ruolo nel rendere gennaio un mese più in salita rispetto agli altri, ogni persona attraversa gli eventi della vita e i giorni dell’anno con il proprio bagaglio di stati mentali ed esperienze. Come potrebbe esistere un “giorno più depresso” uguale per tutti?
Ri-conoscere la depressione
Sebbene il mito del Blue Monday abbia in qualche modo sdoganato i discorsi sull’umore basso ed i sintomi associati, il rischio da cui la scienza mette in guardia è la banalizzazione della depressione o di un episodio depressivo: non si tratta del prodotto temporaneo di fattori esterni contingenti, né tantomeno del sentimento di umore deflesso passeggero che tutti, prima o poi, sperimentiamo di fronte agli eventi della quotidianità. La depressione è una condizione caratterizzata da vissuti di disperazione, tristezza, mancanza di senso, motivazione e piacere rispetto alle attività che un tempo appassionavano, distacco dagli affetti e in alcuni casi pensieri o addirittura agiti suicidari. Anche le abitudini della persona potrebbero risentirne: l’appetito aumentato o diminuito, la stanchezza fisica, la difficoltà a concentrarsi, i disturbi del sonno sono altri sintomi correlati alla depressione. Si tratta di un disturbo che impatta profondamente sulla quotidianità di chi la sperimenta: può interessare chiunque in qualsiasi momento e merita di essere riconosciuta e presa in carico.
Quando può essere utile una consulenza psicologica?
Una consulenza psicologica può aiutare a comprendere quanto i sentimenti di tristezza, disperazione, stanchezza, mancanza di volizione e così via siano radicati nella prospettiva della persona circa sé, la propria quotidianità e il futuro che l’attende. In uno spazio d’ascolto professionale è possibile riconoscere e accogliere questi vissuti con consapevolezza e accettazione, per assegnare loro un nuovo significato personale e ri-costruire il senso del proprio percorso.
Autore
dr.ssa Virginia Hurle – Centro Psicologia Maggiolina
FONTI
Blue Monday: a depressing day of nonsense science (again). (2013). Dean Burnett, The Guardian.
Abu Bakar, A., Siganos, A., & Vagenas-Nanos, E. (2014). Does mood explain the Monday effect? Journal of Forecasting, 33 (6), 409-418.
Monteleone, P., Martiadis, V., & Maj, M. (2011). Circadian rhythms and treatment implications in depression. Progress in Neuro-Psychopharmacology and Biological Psychiatry, 35(7),1569-1574.
Pettengill, G. N. (1993). An experimental study of the “blue-monday” hypothesis, The Journal of Socio-Economics, 22(3), 241-257.
Rosenthal, N. E., et al. (1984). Seasonal affective disorder: a description of the syndrome and preliminary findings with light therapy. Archives of general psychiatry, 41(1), 72-80.