La psicoterapia e i suoi falsi miti

Spesso, per chi non è addetto ai lavori, le informazioni su cosa possa essere la psicoterapia e a cosa possa servire, derivano da film, serie TV, web, racconti e storie. Non possiamo dimenticare che la psicologia, come la pratica psicoterapeutica, non sono scienze così antiche e sono in continuo movimento. È possibile che anche questo abbia reso più difficile la conoscenza di chi la guarda con occhi esterni, permettendo forse delle idee poco fondate su ciò che realmente succede nello studio di un terapeuta. In questo particolare periodo storico, avendo anche dovuto fronteggiare una pandemia mondiale, l’attenzione alla salute mentale è aumentata e si è potuto beneficiare di una miglior comunicazione informativa rispetto a quelli che possono essere realmente i benefici di una psicoterapia.

Tuttavia persistono alcuni falsi “miti”, di facile intuizione, che girano attorno al tema delle psicoterapie. La ricerca scientifica può aiutarci a chiarire le idee.

Ho davvero bisogno di un aiuto?

Il falso mito per eccellenza è l’idea che intraprendere un percorso psicoterapeutico sia indicato solo per le persone che riferiscono un quadro psicopatologico importante. Sebbene la psicoterapia sia molto utile per condizioni di questo genere, le persone si avvicinano alla psicoterapia per un insieme differente di ragioni che fanno parte della vita di tutti i giorni. Si può aver bisogno di chiedere aiuto per trattare stati ansiosi, umore deflesso o gestire grandi cambiamenti della vita come perdita di un lavoro, un divorzio o una separazione, una malattia, cambi radicali nelle abitudini di vita oppure un lutto. A volte invece, chi si avvale della psicoterapia ha bisogno di un aiuto per rispondere alle fatiche della genitorialità, gestire stress e per migliorare le proprie competenze interpersonali e relazionali.

Al giorno d’oggi farsi aiutare sta iniziando ad essere visto come segno d’intraprendenza. I ricercatori continuano a trovare nuovi collegamenti che mostrano l’importanza di prendersi cura della propria salute mentale per mantenere una buona salute fisica. Difatti, in alcuni casi, i problemi emotivi possono mostrarsi come sintomi fisici. E, viceversa, quando siamo fisicamente malati, possiamo andare incontro a difficoltà emotive.

Basta impegnarti da solo e mantenere un pensiero positivo

Quante volte abbiamo sentito queste frasi dette da amici o persone care della nostra famiglia. Ognuno di noi prova costantemente a trovare un equilibrio che possa portare maggior serenità. A volte si riesce, altre volte si prova per settimane, mesi e anni, ma senza risultati soddisfacenti e duraturi. Decidere di iniziare una psicoterapia può fornire gli strumenti per riconoscere proprio quella fatica.

Inoltre, ci può essere una componente biologica legata ad alcuni disagi, che rende incredibilmente difficile potercela fare da solo. Nella realtà, avere il coraggio di ammettere di avere bisogno di aiuto è un segno di forza piuttosto che di debolezza – e il primo passo verso lo stare meglio.
Lo psicoterapeuta, osservandoci da una prospettiva diversa, può fornirci degli spunti che non avevamo mai considerato. La psicoterapia non è uno scambio di opinioni, la psicoterapia è un’esperienza relazionale intensa, priva di ogni forma di giudizio. Lo psicoterapeuta non ti cura con le informazioni, lo psicoterapeuta ti aiuta nella cura entrando in relazione e osservando insieme a te cosa accade ai tuoi pensieri e alle tue emozioni (Norcross, 2001; Norcross & Lambert, 2011a).

Dovrai restare in terapia per molti anni o per il resto della tua vita

Ognuno si muove con tempi differenti durante una psicoterapia – è un processo estremamente soggettivo.
La durata della terapia è qualcosa di cui si può parlare con il proprio terapeuta, nei primi incontri quando si stanno definendo gli obiettivi e le direzioni del lavoro, o durante il percorso.
L’obiettivo del lavoro insieme non è di mantenere la persona come cliente per sempre, ma aiutarlo a trovare gli strumenti per potersi muovere liberamente da solo.
“Scusi ma quindi adesso come funziona? Io vengo qui, parliamo e poi? Che dovrebbe succedere?”
Sono frasi che a volte ricorrono durante i primi colloqui, quando si esplorano le aspettative dei clienti rispetto all’idea della psicoterapia e alla figura dello psicoterapeuta.
Come se a un certo punto ci fosse qualche forma di “Magia” che accade, come se il terapeuta, “l’esperto”, dovesse fare qualcosa al cliente che ad un certo punto risolverà tutti i nodi perché siamo abituati, nella nostra quotidianità, al fatto che se abbiamo un problema “dobbiamo fare qualcosa” per risolverlo e ci aspettiamo che in terapia sia la stessa cosa. Ci sembra strano che solo “parlando” possa succedere qualcosa.
Lo psicoterapeuta è come un esploratore, compagno di viaggio che accompagna la persona a trovare un significato personale ai pensieri, alle emozioni e alle azioni. Succederà attraverso la relazione di fiducia che si instaurerà, priva di giudizio e accogliente. Lo psicoterapeuta potrà permettere tutto questo poiché è guidato da teorie, modelli e paradigmi entro i quali invita la persona a muoversi in sicurezza.
Inoltre, il potere lenitivo della condivisione, in cui due persone ripercorrono insieme una sequenza di sofferenze senza giudizio e con accettazione benevola, permetterà di reinterpretare il significato di esperienze e vissuti emotivi precedenti, come quasi a fare nuove esperienze, guardando vecchi episodi con occhiali diversi, liberandosi di letture obbligate e preesistenti (Bara, 2020).

Ma quindi cosa è la psicoterapia e a cosa serve?

Possiamo chiamarla terapia della consapevolezza. Forte di teorie, tecniche e modelli e che si prende cura dell’individualità. È la possibilità di accedere ai propri disagi. Differenziarli da come si sentono, da dove arrivano, e distinguerli da quello che accade, da quello che si sente da quello che si fa.
Il terapeuta non darà consigli o non dirà come agire. Non sarebbe terapeutico privare l’altro della propria responsabilità. Il terapeuta condividerà spunti di senso e riflessioni che partono dal racconto e dal modo di stare in relazione del paziente. Come un gomitolo ingarbugliato, che nel suo racconto dispiega la sua trama narrativa, diventa via via più leggibile, snodandosi e concedendo maggior libertà.

Ma i bambini possono essere aiutati dalla psicoterapia?

Possono capire la differenza di un gioco fatto durante la seduta e quello giocato al parco?
Possono capire cosa ci sia dietro alle parole dette?

Sì, il bambino è un paziente esemplare, a condizione che il terapeuta riesca a creare un’alleanza con lui e tutta la sua famiglia.
A volte capita anche ai più piccoli di non stare bene e sentirsi in difficoltà. La richiesta della terapia può avere origini diverse. Alcune volte nasce dai genitori e non è così raro che sia il bambino stesso a chiedere spontaneamente un aiuto. Il messaggio importante che i genitori devono passare è che esiste la possibilità di ricevere aiuto per tornare a stare meglio.
La differenza col mondo dei “grandi” sta nel fatto che gli adulti dispongono di un’ampia e articolata capacità di astrazione e possono utilizzare metafore e concetti più complessi. I bambini ancora non hanno sviluppato queste abilità, proprio per la tenera età, e questo determina una lettura del “mondo” circostante attraverso una lente che si può definire “emotiva” ( Altavilla, Iacchia, 2020).
Al centro della relazione terapeutica, nel cuore della terapia, tra le pareti dello studio, il terapeuta e il bambino si conoscono e scoprono difficoltà ed emozioni parlando, giocando, cantando, disegnando, recitando, raccontando storie inventate (Altavilla, Iacchia, 2020).
La psicoterapia è uno spazio in cui il bambino può esprimere sé stesso e prendere pian piano coscienza dei suoi desideri, delle sue paure e delle sue ribellioni.
È importante sapere che non si è soli nel disagio o nella sofferenza e che sono molte le persone disposte ad aiutare i piccoli in difficoltà.

Autore
dr.ssa Beatrice Cavallini – Centro Psicologia Città Studi

Bibliografia

• A. Altavilla, E. Iacchia. (2020). Il bosco di sottopasso. Una favola per spiegare ai bambini la psicoterapia. Edizioni del Faro, Trento.
• B. G. Bara. (2018). Il terapeuta relazionale. Tecnica dell’atto terapeutico. Bollati Boringhieri, Torino.
• R. Lorenzini. (2020). Ciottoli. Collana “cognitivismo clinico”. Aspes, Roma.

Sitografia

• APA – American Psychological Association.
https://www.apa.org/