A Settembre ci si sente sempre un po’ come a un punto di ripartenza. Sarà che per molti anni abbiamo vissuto l’esperienza dell’inizio del nuovo anno scolastico e la abbiamo quindi come ricordo implicito e incarnato; sarà che, da adulti, la ripresa della scuola si sente in maniera vicaria con figli e nipoti che entrano e rientrano nelle aule scolastiche. Sarà che magari siamo stati in vacanza e arriva il momento di rientrare al lavoro. Sarà che ricomincia il campionato di calcio. Insomma, le cose fondamentali!

Questo momento può essere caratterizzato da emozioni e stati d’animo ambivalenti: da una parte l’entusiasmo di riprendere le attività, dall’altro la tristezza e il dispiacere di lasciare un luogo o un momento di vacanza e di passare meno tempo con le persone care.

Per molti è il momento di riconnettersi con le persone che fanno parte della sfera professionale, dell’entourage scolastico, della squadra. E se per certi versi questo è stimolante, per altri può essere faticoso. Per qualcuno il rientro può addirittura diventare fonte di stress e di vero e proprio malessere psicologico con la manifestazione di sintomi come irritabilità, stanchezza, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno. In genere, la situazione migliora dandosi il tempo di rientrare nella routine.

Quali sono le scelte che possono essere utili e “adattive” in questo momento? Sicuramente una particolare attenzione va allo stile di vita: alimentazione, attività fisica e sonno contribuiscono ai livelli di energia che si hanno a disposizione per la ripresa delle attività.

Ma se si vuole spingersi un po’ più in la, attingendo alle proprie risorse psicologiche, in maniera forse un po’ paradossale, si può provare a coltivare la gratitudine, la capacità di riconoscere ciò che di buono abbiamo intorno.

L’agenda sotto controllo e stress da rientro

Il rientro al lavoro e la ripresa delle proprie attività professionali e di vita quotidiana implicano rimettere testa e riprendere in mano le cose lasciate in sospeso (perché l’obiettivo di completare “tutto” prima delle vacanze è assolutamente un’utopia benché qualcuno lo reputi ancora possibile!). Implicano anche spesso novità di vario genere perché spesso “se ne riparla a Settembre!”. Per molti, e in particolare per le persone che hanno una tendenza al perfezionismo, la soluzione è il cercare di avere l’agenda sotto controllo!

Tuttavia, inevitabilmente, nella vita quotidiana, ci troviamo in situazioni in cui non abbiamo il totale controllo di ciò che accade e dei risultati che possiamo ottenere. Questo vale in particolare nel contesto lavorativo dove non ci scegliamo i colleghi, i clienti, i “capi”; non determiniamo l’andamento dei mercati o i costi delle materie prime. Emozioni come ansia e rabbia possono emergere se ci si sente di trovarsi sempre di fronte agli stessi problemi organizzativi e relazionali: la manager con cui si ha una relazione “tossica”, il collega che fa battute sconvenienti, il carico di lavoro. Quando i problemi sul lavoro hanno a che fare con variabili che sono al di fuori del proprio controllo, aumenta il rischio di sentirsi impotenti e quindi più vulnerabili allo stress. Accettare che ci sono cose che esulano dal nostro controllo è alla base della sopravvivenza e della crescita.

Se alcune cose sono al di fuori della nostra sfera di controllo, possiamo comunque attingere a risorse e competenze individuali, ed è qui che può entrare in campo la gratitudine.

Stress da rientro e gratitudine

La gratitudine è la capacità di riconoscere ciò che di utile o piacevole o sensato abbiamo davanti e intorno a noi.

“Apprezzare” ha a che fare con la capacità di vedere gli aspetti positivi in ciò che accade e nelle persone. Provare gratitudine implica fare un passo oltre: riconoscere che le cose positive di cui facciamo esperienza sono spesso riconducibili a forze che vanno oltre le nostre azioni e i nostri comportamenti e che spesso hanno a che fare con lo sforzo, l’impegno, il contributo di altre persone.

La gratitudine è quel sentimento di affettuosa riconoscenza per un beneficio o un favore ricevuto e di sincera completa disponibilità a contraccambiarlo. Un sinonimo di gratitudine è riconoscenza; riconoscere è prendere consapevolezza di ciò che è familiare, vedere nel viso di una persona appena conosciuta il profilo di un volto noto, saper vedere le connessioni. Per provare gratitudine è quindi necessario guardare con occhi puliti ciò che abbiamo quotidianamente davanti; è fondamentale non dare per scontato. Provare gratitudine è anche avere fiducia che anche se non abbiamo tutto sotto controllo e anche se non possiamo prevedere tutte le conseguenze delle nostre scelte e azioni, qualcosa di buono potrà arrivare. Questa apertura però ci rende più vulnerabili e può fare paura.

Secondo Robert Emmons, ricercatore e docente dell’Università della California- Davis, uno dei massimi esperti su questa tematica, la gratitudine è:

  • affermare che ci sono cose buone nel mondo, doni e benefici che abbiamo ricevuto
  • riconoscere che la presenza di questi doni e benefici non dipende da noi; riconosciamo che altre persone, o anche poteri superiori, se si ha una mentalità spirituale, ci hanno fornito di molti doni, grandi e piccoli, per aiutarci a raggiungere uno stato, fisico e/o mentale di benessere.

Emmons e altri autori definiscono la gratitudine su tre livelli:

  • un’esperienza psico-fisiologica di breve durata (emozione)
  • uno stato affettivo che fluttua in un certo arco di tempo
  • una caratteristica individuale che predispone al saper riconoscere situazioni positive (e come altre persone hanno contribuito a determinarle).

Emmons sottolinea anche che la gratitudine è un’emozione sociale perché ci richiede di vedere come siamo stati supportati da altre persone, valorizzando quindi quella dimensione di interdipendenza che sta alla base della stessa sopravvivenza di molte specie, inclusa quella del Sapiens.

Cosa non vuol dire gratitudine

La gratitudine è l’affermazione che esistono cose buone nel mondo, doni che abbiamo ricevuto. Questo non vuol dire mettersi occhiali che filtrano ciò che accade intorno attraverso lenti colorate di rosa e raccontarsi favole su quanto sia meraviglioso e perfetta la vita. Significa piuttosto apprezzare il valore delle cose e non darle per scontate. Gratitudine non è neanche farsi andare bene le cose quando sono nocive o ingiuste e non ha a che fare con il non impegnarsi nel migliorare le condizioni di vita per sé e per gli altri. È piuttosto vedere con occhi, cuore e mente aperta le interconnessioni che contribuiscono a ciò che di buono accade intorno a noi. Il rischio infatti è quello di dare per scontato i doni che riceviamo o addirittura considerarli qualcosa che è semplicemente “dovuto”.

La gratitudine può avere ripercussioni spiacevoli quando si trasforma nella sensazione di “essere in debito”. Infatti, se essere grati è associato a sensazioni di calma e serenità, sentirsi in debito lascia in genere con una sensazione di inadeguatezza persino di fastidio o rivalsa nei confronti di chi ha fatto qualcosa per noi. La gratitudine ha un effetto boomerang anche quando porta a svalutare se stessi e a non riconoscere il proprio valore e contributo nell’aver determinato il proprio stato di benessere.

Coltivare la gratitudine aiuta a combattere lo stress e fa bene alla salute

Secondo le ricerche, la gratitudine è associata a una migliore sensazione generale di salute, alla tendenza a fare esercizio in maniera regolare e a mantenere un programma di cambiamento nutrizionale, a un minor numero di richiesta di consulti medici. È come se la gratitudine rappresentasse una sorta di cuscino che attutisce i colpi degli eventi e delle situazioni stressanti.

Anche in pazienti con malattie oncologiche e croniche, la gratitudine contribuisce ad affrontare la malattia da un punto di vista psicologico. In un campione di adulti con malattie neuromuscolari, un intervento di gratitudine di 21 giorni ha prodotto una maggiore quantità di stati d’animo positivi, un maggiore senso di connessione alle altre persone, valutazioni più ottimistiche della propria vita e una migliore durata e qualità del sonno.

Uno dei motivi per cui questo accade è che, come menzionato, la gratitudine è un’emozione sociale, che rinforza il legame tra le persone; un’ampia letteratura ha dimostrato che nella “top list” dei fattori che contribuiscono a predire la salute e la longevità abbiamo ai primi posti proprio le relazioni sane e positive con le persone care. Insomma, essere riconoscenti dei doni che abbiamo ricevuto e riceviamo quotidianamente ha un effetto benefico sul funzionamento del sistema nervoso, limita i comportamenti non salutari a cui si ricorre come via di fuga per le emozioni spiacevoli e contribuisce a rinforzare i rapporti interpersonali. La combinazione di questi elementi porta a benefici per la salute fisica e per la salute mentale.

Perché è necessario “allenare” la gratitudine?

Ma se la gratitudine è stata, ed è, così fondamentale per il benessere fisico e psicologico delle persone perché non è automatico e immediato provarla ed esprimerla? Le ricerche mostrano che il nostro sistema nervoso ama le novità. All’inizio quando entriamo in una vasca di acqua molto fredda abbiamo la sensazione di essere punti dagli spilli; dopo qualche secondo il corpo si adatta. L’intero organismo è progettato per adattarsi alle situazioni, sia quelle spiacevoli che quelle piacevoli. Ai primi appuntamenti con una persona verso la quale si prova attrazione, si sentono le “farfalle nella pancia” ma dopo qualche mese, anche se ci si è innamorati di quella persona, l’eccitazione non sarà allo stesso livello. Analogamente, dopo qualche tempo perdiamo interesse anche per quello che ci era sembrato “il lavoro dei nostri sogni”. Ci adattiamo e questo è un bene altrimenti non riusciremmo a gestire tutta la complessità degli stimoli che arrivano dal nostro organismo e dal mondo esterno. Abbiamo quindi ogni tanto bisogno di portare attenzione e consapevolezza ai doni che abbiamo ricevuto e ai vantaggi di cui beneficiamo. Il momento di rientrare al lavoro e riprendere le attività può essere quello giusto per farlo.

E proprio a Settembre, ogni anno, il 21, si celebra la Giornata Mondiale della Gratitudine. La “leggenda” vuole che durante un raduno alle Hawaii del gruppo di meditazione delle Nazioni Unite sia nata l’idea di dedicare un giorno dell’anno al riconoscere ciò che di buono ci circonda. Nel 1977, lo stesso gruppo chiese una risoluzione formale all’ONU per riconoscere la Giornata Mondiale della Gratitudine. Ma per sviluppare la competenza della gratitudine serve una pratica più assidua.

Come sviluppare la competenza della gratitudine?

Secondo le ricerche di studiosi dell’Università di Berkeley e di Emmons, esistono specifiche attività per allenare la gratitudine.

Quella più comune e più utilizzata nelle ricerche è la compilazione di un diario. La questione più è cosa scrivere nel diario della gratitudine? Si può partire dalle cose semplici e che, appunto, a volte si danno per scontate: la luce del mattino, un complimento del partner, il piacere di una pausa caffè. Certo è infatti che non tutte le giornate ci riservano situazioni meravigliose: alcune possono sembrarci piene di eventi “banali”, altre decisamente frustranti, tediose, difficili. La sfida sta proprio qui: di che cosa, a chi, si può essere riconoscenti quando va tutto storto? Anche una situazione frustrante come essere percepita come un regalo: un’opportunità per imparare nuovi modi per comunicare in modo più efficace ed efficiente e ottenere il risultato desiderato. Forse potremmo anche essere grati ai nostri genitori (o ad altre figure di riferimento) che con il loro esempio ci hanno insegnato a impegnarsi nel lavoro anche quando non ne abbiamo voglia, ai noi stessi per la perseveranza, al collega che ci ha fatto un sorriso o ci ha ascoltato, all’amico che ci ha telefonato per chiederci come vanno le cose sapendo che è un momento difficile. Per osservare cambiamenti è necessario impegnarsi nella pratica della gratitudine compilando tutti i giorni per due settimane un diario riportando tre cose buone.

Infatti, gli studi riportano una diminuzione dei livelli di cortisolo (“l’ormone dello stress”) e di stati depressivi in chi svolgeva questa attività. Cosa interessante è che prolungare l’allenamento non produceva un ulteriore miglioramento dello stato psico-fisico dei partecipanti, anzi si verificava un peggioramento. Questo è probabilmente dovuto al fatto che sul lungo termine questo tipo di esercizi può diventare noioso e perdere quindi l’impatto positivo. La pratica dovrebbe quindi essere ciclica, come avviene per quei farmaci che vanno assunti per un certo periodo, sospesi e poi ripresi. Per il diario della gratitudine, la “posologia” potrebbe essere ogni tre o sei mesi.

Un’altra attività per praticare la gratitudine è scrivere una lettera di ringraziamento a una persona a cui si è particolarmente riconoscenti perché ha avuto un ruolo importante nella crescita (un insegnante, un genitore, una sorella, un allenatore) o persino perché la relazione con quella persona ha provocato sofferenza e quella sofferenza ha dato il “la” a un processo di cambiamento. Infatti, secondo Ralph Waldo Emerson, filosofo, poeta e scrittore del ‘800, dovremmo coltivare l’abitudine di essere grati per ogni cosa che ci arriva e che contribuisce alla nostra crescita. In alcune situazioni, potrebbe essere inopportuno o imbarazzante consegnare la lettera al destinatario; la buona notizia è che il fatto stesso di scriverla è sufficiente per allenare la gratitudine e stimolare i processi cognitivi, emotivi e fisiologici correlati. Anche questa attività è associata a riduzione dello stress e miglioramento del benessere psicologico.

Infine, è utile praticare la gentilezza; la gratitudine è associata al “dare”, per il fondamento di reciprocità che ne sta alla base. È quindi probabile che impegnarsi nel fare qualche cosa per gli altri possa alla fine contribuire all’allenamento della competenza della gratitudine.

Praticare la gratitudine al lavoro per far fronte allo stress da rientro

A tutti piace sentirsi dire “grazie”; molta dell’insoddisfazione rispetto ai luoghi di lavoro ha a che fare con la mancanza di riconoscimento, spesso ancor più che con i turni o la mancanza di premi. È come se organizzazioni e manager, dal momento che le persone sono pagate per svolgere una certa mansione o un certo compito, considerano che riconoscere l’importanza del contributo di ciascun individuo sia superfluo. In alcune aziende questa cosa sta cambiando e la “filosofia della gratitudine” si sta facendo spazio. Per esempio, l’ex Amministratore Delegato della Campbell Soup ha scritto 30.000 biglietti di ringraziamento ai suoi dipendenti.

Sebbene la ricerca sulla gratitudine sia esplosa negli ultimi due decenni, gli studi sulla gratitudine sul lavoro sono ancora limitati; i risultati finora riguardano il collegamento tra gratitudine e emozioni, meno stress e meno disturbi di salute, una maggiore sensazione di poter raggiungere i propri obiettivi, meno giorni di malattia e una maggiore soddisfazione per il proprio lavoro e i colleghi.

Quali possono essere quindi azioni concrete per esprimere la gratitudine sul lavoro?

  1. Scrivere note e biglietti di ringraziamento ai colleghi, alla persona che si occupa delle pulizie, alle persone del team. Si può anche pensare di avere un “barattolo della gratitudine” in ufficio o online in cui le persone lasciano note di ringraziamento, firmate o anonime, e feedback positivi.
  2. Mostrare apprezzamento attraverso le azioni, non solo con le parole (per esempio, offrire aiuto, ricordarsi del compleanno o di altri eventi significativi per i colleghi)
  3. Quando è sensato, ringraziare invece di scusarsi (per esempio, “scusa se ti disturbo” è diverso da dire “grazie per il tempo che mi stai dedicando”).

Quando può essere utile una consulenza psicologica?

Benché la pratica della gratitudine possa essere molto utile nel far fronte alle condizioni di stress, non è certamente una panacea. Alcune caratteristiche di personalità e situazioni particolarmente complesse, possono impedire o rendere difficile l’approccio della gratitudine. Quando non si riesce ad attingere alla gratitudine o ad altre risorse per far fonte allo stress da rientro, può essere utile chiedere una consulenza psicologica. Soprattutto quando il malessere non si esaurisce una volta completato il rodaggio stagionale. Se irritabilità, ansia, sbalzi dell’umore, disturbi del sonno, problemi relazionali sul lavoro si protraggono per più di un mese, è utile parlare con il proprio medico e/o richiedere una consulenza psicologica.

È noto, infatti che lo stress cronico ha un ruolo nella manifestazione di alcune malattie sia per un’azione diretta di ormoni e altre sostanze che circolano nel nostro organismo per rispondere alle condizioni stressanti, sia perché per “silenziare” il malessere che deriva da tali condizioni spesso si cerca conforto in fumo, alcol e cibo non salutare. Inoltre, in un momento storico come quello attuale, la ripresa è caratterizzata anche da preoccupazioni per il futuro a breve e lungo termine: i conflitti geopolitici, la crisi dei mercati finanziari, le conseguenze della pandemia contribuiscono a vissuti di incertezza, ansia, depressione.

Una consulenza psicologica può aiutare a comprendere cosa nell’ambiente viene percepito come stressante, ad avere consapevolezza di come si risponde agli agenti stressanti e a trovare modi sani e utili per affrontare le sfide, le difficoltà, i problemi.

Nei nostri centri utilizziamo anche alcuni interventi psicologici innovativi che possono aiutare a risvegliare la capacità di provare stati di gratitudine e di esprimere a se stessi e agli altri riconoscenza e apprezzamento. Infatti, la pratica della gratitudine può essere parte di interventi utilizzati in contesti terapeutici.

Per ulteriori informazioni su queste tematiche potete contattare il nostro Centro Psicologia Maggiolina.

Autore
dr.ssa Lara Bellardita – Centro Psicologia Maggiolina

FONTI:
Bono, G., Emmons, R. A., & McCullough, M. E. (2004). Gratitude in Practice and the Practice of Gratitude. In P. A. Linley & S. Joseph (Eds.), Positive psychology in practice (pp. 464–481)

AA.VV. The Gratitude Project . New Harbinger Publications
https://www.health.harvard.edu/healthbeat/giving-thanks-can-make-you-happier
https://www.mayoclinichealthsystem.org/hometown-health/speaking-of-health/can-expressing-gratitude-improve-health