“Sogno di dipingere e poi dipingo il mio sogno”
(Vincent Van Gogh)

Le giornate si allungano, l’estate è alle porte e le attività e le energie sembrano moltiplicarsi: tuttavia, resta fondamentale dedicare otto ore (nella migliore delle ipotesi…) al sonno ristoratore. Il corpo si rilassa abbandonandosi a superfici morbide e lenzuola soffici mentre la mente, solitamente così reattiva agli stimoli, entra in uno stato modificato di coscienza.

Le fasi del sonno

L’architettura del sonno è suddivisa in 3 fasi: 

  1. Veglia;
  2. Sonno nonREM; 
  3. Sonno REM – dall’acronimo inglese “Rapid Eye Movement”, dal momento che gli occhi sotto le palpebre chiuse si muovono rapidamente come durante la veglia. 

Tutte le fasi del sonno sono importanti non solo per riposare, ma anche per regolare le funzioni dell’organismo e per fare ordine e pulizia nella mente.

In particolare, durante il sonno REM le modalità percettive, i contenuti e l’attivazione cerebrale assomigliano a quelle presenti in veglia; al contempo crolla il controllo di pensieri e azioni, si riducono la consapevolezza di sé e il pensiero riflessivo e infine aumenta il coinvolgimento emozionale. Si tratta delle condizioni cerebrali più favorevoli per il sogno.

L’arte di sognare

Il sogno rappresenta l’attività mentale spesso distorta, disorganizzata e scarsamente controllata che caratterizza il sonno. Il suo contenuto, originale e al contempo strettamente connesso alla quotidianità, ha incuriosito l’essere umano dall’antichità ai giorni nostri. Dalle religioni alla letteratura, dalla pittura al cinema, da tempo immemore ci misuriamo con questa misteriosa funzione della mente. Nella nostra storia il sogno è stato raccontato come un canale di comunicazione diretto con il divino, come una modalità di prevedere il futuro, come uno spazio intimo per incontrare gli affetti che non ci sono più.

A cosa ci serve sognare?

La particolare neurobiologia del sonno REM permette di regolare le emozioni di cui si è fatta esperienza durante la giornata. Inoltre, ha la funzione di immagazzinare i ricordi con la loro tonalità emotiva, lasciando poi la mente libera di accogliere le esperienze della giornata in arrivo (Walker & Van Der Helm, 2009). Insomma: sognare è come cliccare contemporaneamente il tasto “cancel” e il tasto “save” del computer per ripulire e salvare tutte le informazioni utili e lasciare spazio a quelle nuove.

Sogno e psicoterapia: dagli albori…

Inevitabilmente, il sogno è finito anche sotto la lente la psicoterapia: ne “L’interpretazione dei sogni” (1899) il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, propose di affiancare alla tecnica della libera associazione di idee l’analisi dell’attività onirica per accedere ai contenuti inconsci della psiche. Egli studiava il sogno come un simbolo da interpretare per scoprire i contenuti rimossi, i tabù e i desideri altrimenti incomunicabili.

Anche Carl Gustav Jung si interessò ai sogni ma, pur riconoscendo al maestro il merito di averli introdotti in psicologia, contrappose al modello causale di Freud (che prendeva le mosse dal desiderio rimosso) un modello finalistico: “a che serve questo sogno? Che effetto vuole ottenere?” (Jung, “Considerazioni generali sulla psicologia del sogno”, p.261).

Infine Beck, esponente della branca cognitiva della psicoterapia, suggerì di considerare il sogno a livello esplicito e mai simbolico o metaforico al fine di identificare, anche in un momento di coscienza modificata, i pensieri rigidi e negativi che non consentono alle persone di vivere serenamente allargando la prospettiva (Rezzonico & Bani, 2015). 

…Ai giorni nostri

L’attività onirica è ricchissima e preziosa: una modalità per regolare le emozioni dirompenti della giornata, una fonte inesauribile di creatività e un canale per conoscersi sempre più a fondo.

Rezzonico e Bani (2015) propongono una cornice costruttivista per l’utilizzo dei sogni in psicoterapia: l’analisi dell’attività onirica è finalizzata a far emergere la narrativa personale, un punto di accesso per le modalità di funzionamento dell’individuo. Del resto, quando l’anima sogna è al contempo teatro, attori, pubblico e autrice della storia a cui assiste (Borges, 1976).

Secondo gli autori il sogno non è rumore di fondo privo di significato, né la via regia verso l’inconscio: si tratta bensì di una modalità di esplorazione del funzionamento della mente, in quanto è una forma di rappresentazione con un significato. Tale significato è imprescindibile da chi sogna. Il terapeuta propone delle interpretazioni ma lavora insieme al paziente sia per costruire il processo terapeutico, sia per favorire un aumento di consapevolezza, sia per esplorare temi significativi.

Rivolgersi a uno specialista

Il sonno e il sogno sono indicatori fondamentali del benessere. Talvolta incubi e sogni ricorrenti ci segnalano uno stato di malessere. La psicoterapia non è necessariamente il luogo dove esplorare il significato recondito dei sogni, ma è sicuramente uno spazio per accogliere i messaggi che arrivano dalla mente e dal corpo. Se il carico emotivo diventa eccessivo, è importante rivolgersi a figure professionali per ricevere sostegno.

Articolo a cura della dr.ssa Virginia HurleCentro Psicologia Maggiolina

FONTI

Borges, J. L. (1976). Libro di sogni. Adelphi.
Freud, S. (1978) Opere. Vol. 3: L’interpretazione dei sogni (1899). Bollati Boringhieri.
Jung, C. G. (1994) Opere. Vol. 8: La dinamica dell’Inconscio. Bollati Boringhieri.
Rezzonico, G. & Bani, M. L’uso dei sogni in psicoterapia cognitivo-comportamentale: a che punto siamo? (2015). Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 21(3), 285-301.
Walker, M. P. & Van Der Helm, E. Overnight Therapy? The Role of Sleep in Emotional Brain Processing. (2009). Psychological Bulletin, 135(5), 731-748.