Con l’inizio del nuovo anno compare sul tavolo, tra gli avanzi del panettone, la lista dei buoni propositi: “new year, new you!”. Stabilire degli obiettivi da perseguire aiuta a organizzare tempo e mansioni, motiva allo sforzo, permette di pregustare la soddisfazione prima di assaporarla pienamente: è un motore importantissimo. Altrettanto importante è però formulare delle aspettative realistiche che tengano conto delle caratteristiche personali e degli impegni che costellano la giornata. All’ottimismo affiancheremo sì la disciplina, ma flessibile e senza pretese di perfezione, così da non scivolare nella frustrazione e nel disappunto.

Cos’è il perfezionismo?

Tradizionalmente la letteratura scientifica ha associato il perfezionismo con la psicopatologia: dalla depressione al disturbo ossessivo-compulsivo, dall’ansia ai disturbi del comportamento alimentare. In realtà, il perfezionismo è un tratto del carattere rilevante in diversi ambiti come il percorso scolastico e il posto di lavoro, ma anche lo sport e la vita sociale. 

Di conseguenza, è importante riconoscere la natura multidimensionale del costrutto per analizzare l’impatto che può avere sul benessere della persona, in termini tanto positivi che negativi. Infatti, se da un lato il perfezionismo stimola l’impegno e lo sforzo verso il raggiungimento di obiettivi significativi, dall’altro può colorarsi della preoccupazione di sbagliare o di essere giudicati negativamente dagli altri, generando stress o atteggiamenti disadattivi (ad esempio, rinunciare a mettersi in gioco) (Stoeber e Otto, 2006). 

Perfezionismo: adattivo o disadattivo?

Così il perfezionismo si suddivide in “sano”, quando aspira a raggiungere la miglior qualità possibile (ossia una perfezione relativa), e “malsano”, focalizzato sull’esclusione di qualsiasi difetto in virtù di una perfezione assoluta, senza macchia e perciò inattaccabile… ma si sa, come nel vecchio film di Renato Pozzetto e Ornella Muti, “nessuno è perfetto”! La perfezione intesa come stato di massima compiutezza è un concetto filosofico e astratto, non appartiene alla quotidianità degli esseri umani. 

Le due facce del perfezionismo

A colpo d’occhio emergono due grandi differenze tra le facce di questa medaglia: la presenza o assenza di preoccupazione per gli errori o il giudizio e l’orientamento dell’attenzione e degli sforzi verso di sé (obiettivi personali, organizzazione, ordine,…) o verso l’esterno (aspettative, critiche, modelli appresi,…). Così, uno sforzo perfezionistico fedele agli standard personali e perseguito con ordine e disciplina può produrre soddisfazione, mentre un atteggiamento perfezionista basato sulle aspettative altrui ed eccessivamente sensibile alle critiche o agli errori può provocare disagio o malessere (Madigan et al., 2018).

In particolare, il perfezionismo adattivo è associato ad alti livelli di autostima, coscienziosità, estroversione, resistenza, soddisfazione per il proprio operato, raggiungimento degli obiettivi e stili di coping attivi nel far fronte alle piccole e grandi difficoltà della vita. Al contrario, il perfezionismo morboso è associato a un grado elevato di ansia e depressione, procrastinazione con blocco dell’azione, perdita di motivazione e piacere nello svolgere le attività e assenteismo, stili di coping disadattavi, auto-colpevolizzazione, scarsa autostima e difficoltà a percepire o godere del sostegno sociale (Stoeber e Otto, 2006).

Le trappole del perfezionismo

è importante sottolineare che il tratto “perfezionismo” si associa in ogni caso a uno stile cognitivo rigido per cui, in condizioni di incertezza che richiedono flessibilità, la persona potrebbe fare fatica ad adattarsi o sperimentare vissuti negativi (Stoeber e Otto, 2006).

Inoltre, mentre il fattore della preoccupazione è tendenzialmente associato ad atteggiamenti disadattivi (ad esempio il burnout) ed emozioni spiacevoli. Infine, il fattore degli sforzi perfezionistici può nascondere delle insidie: se da un lato correla con il coinvolgimento e la dedizione, può tuttavia sfociare in un’aspra auto-critica o nella formulazione di obiettivi irraggiungibili (Madigan et al., 2018). La combinazione di elevati standard irrealistici e di una forte auto-critica può risultare deleteria tanto per il benessere della persona quanto per le sue prestazioni (Hill, Mallinson-Howard e Jowett, 2018).

… E la performance?

La letteratura scientifica ha sempre riconosciuto un legame tra il perfezionismo e la performance (scolastica, lavorativa o sportiva). Il rendimento conta e produce conseguenze: allenarsi con regolarità e progredendo nella tecnica garantisce accesso alla partita o al saggio; ottenere buoni voti è fondamentale per passare l’anno; il guadagno dipende (anche) dalla capacità di portare a termine con efficienza le mansioni della propria professione. 

In quest’ottica, la dedizione e la perseveranza tipiche del perfezionismo nella sua dimensione dello sforzo potrebbero fungere da motore per la prestazione. Al contrario, le preoccupazioni perfezionistiche potrebbero minare la performance per due motivi: esse non solo trasmettono una sensazione di inadeguatezza di fronte alle pressioni esterne, con conseguenti emozioni spiacevoli e giudizi negativi su di sé, ma risucchiano anche l’attenzione distraendo la mente dall’obiettivo (Madigan et al., 2018).

Un esempio: il perfezionismo nello sport

L’attività sportiva non rappresenta solo una forma di movimento e sfida, ma anche un’occasione educativa di apprendimento e sviluppo del Sé a livello emotivo, cognitivo e sociale. Ogni emozione abita nel corpo e si traduce in un movimento attraverso cui l’immagine corporea si fa coscienza e i vissuti personali trovano spazio per essere espressi. 

Lo sport è una modalità per conoscere il corpo, le emozioni, lo spazio e l’Altro attraverso la performance e la ricerca della perfezione e dell’eccellenza. Questa ricerca non rappresenta di per sé un problema, ma può diventarlo in un ambiente che ne esasperi i canoni: in questo caso il costo emotivo aumenta a dismisura offuscando le potenzialità positive dell’attività fisica. Così, disciplina e passione rischiano di cedere il passo a un atteggiamento di perfezionismo disfunzionale riguardo alla tecnica e al proprio corpo. 

Atleti “perfetti”

Non di rado gli atleti hanno atteggiamenti perfezionisti il cui impatto può essere molto complesso, a maggior ragione se si tratta di adolescenti e giovani nel pieno dello sviluppo. Per quanto il perfezionismo sia una fonte inesauribile di motivazione e uno strumento che sostiene il duro e minuzioso lavoro dietro a ogni gesto tecnico, può anche provocare rimuginii, critiche e ansia che mettono in difficoltà tanto la persona che li sperimenta quanto i suoi affetti (Hill et al., 2018).

Pensiamo a una ballerina o un ballerino che, per l’ennesima volta, prova un passo complesso di fronte allo specchio: la concentrazione è massima e la soddisfazione di riuscirci impagabile, ma può anche accadere che una piccola imperfezione getti nello sconforto, nel giudizio, nel timore di deludere le aspettative di chi assisterà dalla platea o dalle quinte. Bilanciare questi due aspetti è un compito complesso che chiama a raccolta le figure adulte per aiutare ogni giovane mente nel compito di costruire la propria identità – “imperfezioni” comprese.  

L’aiuto di un professionista

A volte il disagio e il malumore scaturiti dal perfezionismo disadattivo impediscono alla persona di godere della propria passione, di studiare o lavorare in maniera efficace, di interagire serenamente con la rete sociale. La perdita della motivazione, il fatto di non provare più piacere per le attività un tempo predilette o pensieri svalutanti su di sé sono solo alcuni dei campanelli d’allarme di una condizione in cui il carico emotivo è diventato eccessivo. In questo caso, è importante rivolgersi a un professionista per costruire un nuovo equilibrio in cui lo sforzo perfezionistico possa fungere da motore anziché da gabbia.

Articolo a cura delle dr.sse: Virginia Hurle e Federica IoppoloCentro Psicologia Maggiolina                                                                                               Supervisione a cura della dr.ssa: Lara BellarditaCentro Psicologia Maggiolina, Centro Psicologia Città Studi

Fonti                                                                                                               Stoeber, J., & Otto, K. (2006). Positive conceptions of perfectionism: Approaches, evidence, challenges. Personality and Social Psychology Review, 10, 295-319   Hill, A. P., Mallinson-Howard, S. H., & Jowett, G. E. (2018). Perfectionism in Sport: A meta- analytical review. Sport, Exercise, and Performance Psychology
Madigan, D. J., Hill, A. P., Mallinson-Howard, S. H., Curran, T., & Jowett, G. E. (2018). Perfectionism and performance in sport, education, and the workplace. In Oxford Research Encyclopaedia of Psychology. University Press: Oxford, UK
Are your hopes too high for the new year? by Keira Newman, Greater Good Magazine, Berkeley Education.