New York, Dicembre 1951: Holden Caulfield ha 17 anni, è appena stato espulso da scuola  (per la quarta volta) e non ha alcuna intenzione di tornare a casa. Lo attende una settimana cruciale carica del disagio di inserirsi nel mondo dei grandi e di rispettarne le regole, della fatica di sintonizzarsi con le persone di sempre, del timore di provare ad immaginarsi il proprio futuro.

Un romanzo attuale

Dalla pubblicazione del più famoso romanzo di J.D. Salinger sono passati quasi 75 anni, ma il tema resta attualissimo: l’adolescenza con i suoi stravolgimenti, le sfide e le difficoltà che ragazzi e ragazze spesso sentono di dover affrontare da soli. Talvolta questo periodo si tinge di tonalità scure, di note depressive: che si tratti di un disturbo conclamato o di uno stato psicologico, è fondamentale imparare a riconoscerlo e a prendersene cura.

L’”acchiappatore” nella segale

Il titolo originale,The Catcher in the Rye, nasce da un fraintendimento. Il protagonista infatti sente un ragazzino cantare “Coming thro the Rye” di Robert Burns (1782) e anziché ricordarne la formula originale ha in mente un verso storpiato: “If a body catch a body coming through the rye”.

Quest’immagine diventa per Holden un luogo sicuro, una rappresentazione identitaria degna dei sui principi e rispettosa del suo bisogno profondo di relazioni significative: «ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, se corrono senza guardare dove vanno io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale (the catcher in the rye, per l’appunto) e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare».

La fatica di crescere

In questa frase è riassunto il senso del romanzo, che poi è il senso della crisi del protagonista: il mondo dei grandi, in cui convergono gli sforzi della società e delle persone, è fasullo, competitivo, inautentico, aggressivo, disinteressato, cieco e sordo di fronte all’empatia e alla sensibilità di un ragazzo alto con ciuffi di capelli già bianchi. L’unica soluzione apparentemente disponibile è l’evasione regressiva, una fuga senza voltarsi indietro, senza affetti a radicarlo al suolo né impegni a ricordargli il futuro.

Un campo al tramonto insomma, dove solo alla segale viene chiesto di maturare e crescere nel moto perpetuo delle stagioni, mentre ai bambini è permesso correre senza preoccuparsi di cadere nel precipizio dell’età adulta: l’”acchiappatore” li prenderà al volo.

Solo contro tutti

Incontriamo il giovane Holden alla vigilia della sua quarta espulsione, motivata da scarsi risultati (all’infuori di letteratura inglese) e da una sfilza di richiami in condotta. Per i coetanei e gli adulti è il perfetto disadattato: lavativo, pigro e infantile. Lui a sua volta getta uno sguardo sprezzante sulle persone che conosce e con cui non vuole mescolarsi, tutte tranne Allie, il fratello morto di leucemia a 13 anni, e Phoebe, la sorellina affettuosa e in gamba.

Si intenerisce invece per gli sconosciuti, li osserva attentamente mentre attraversano distratti il suo mondo ed è così forte il bisogno di creare un legame che delusione e depressione, quando ciò puntualmente non avviene, sono dietro l’angolo. Sembra quasi che nessuno possa condividere la sua condizione esistenziale: di fatto nessuno in tutta la città si interessa alla fine che fanno le anatre di Central Park quando il laghetto gela durante l’inverno.

Le emozioni estreme dell’adolescenza

Il romanzo è il resoconto di qualche giorno di vagabondaggio per le vie ghiacciate di New York, con pochi soldi in tasca e molta solitudine in testa; un carosello di scenari, dall’albergo sordido al locale di jazz fumoso al teatro compunto. In ognuno di questi, l’unica costante è Holden con la sua depressione, la rabbia reattiva, il nervosismo, l’incomprensione, la noia, il desiderio di non esserci più. Di suicidarsi, di non lasciare traccia.

Ma anche i suoi momenti di euforia, la passione per il golf o i libri del fratello D.B. o il ballo, il desiderio di un’amicizia solida, l’interesse accesissimo per le ragazze e il mondo del sesso, la capacità di sintonizzarsi sulle emozioni dell’altro. La richiesta accorata a Allie di non farlo scomparire, di aiutarlo a continuare a camminare.

La sofferenza nel corpo

Piano piano il protagonista inizierà a introdurre la vera origine della sofferenza: non tanto il mondo, verso cui del resto prova astio e repulsione, ma il Sé: «ti capita mai di averne fin sopra i capelli? Di avere paura che tutto vada a finire in modo schifo se non fai qualcosa? Non mi riesce di tirar fuori nulla da nulla, sono fatto male, sono fatto in modo schifo». Dietro alle bugie esagerate, alle provocazioni e alle risposte aggressive c’è un ragazzo sofferente che non sa a chi chiedere aiuto, che forse neanche si rende conto di averne bisogno.

Dopo la morte del fratello Allie aveva preso a pugni tutte le finestre del garage sino a fratturarsi la mano; dopo l’ennesima espulsione si rifugia nell’anonimato dei sobborghi sino a contrarre la tubercolosi: tanto è necessario per poter essere visto e accolto in una sofferenza che va oltre la carne ma che altrimenti non avrebbe avuto nome né ricevuto ascolto.

Il senso dei sintomi

Se un adolescente non impara ad ascoltarsi, a comprendersi e a usare le proprie emozioni come bussole per orientare il comportamento è possibile che la sua sofferenza prenda forme diverse, più o meno impattanti sulla quotidianità.

È possibile che si manifestino “sintomi” derivati dallimpossibilità di tradurre il proprio malessere in altro modo. I sintomi, pur diventando talvolta oggetto di grande preoccupazione, non sono nemici, ma punti di partenza per capire com’è fatto quel malessere e qual è il messaggio di cui si fa portatore. Sul nostro blog trovate un articolo dedicato proprio alle sfide che l’adolescenza pone a ragazzi e ragazze ma anche ai loro genitori.

Anche gli adulti fanno fatica!

Nel caso di Holden, la madre soffre di una profonda depressione dopo il lutto di Allie mentre il padre è normativo e defilato, concentrato sul lavoro e sulle apparenze. Il fratello maggiore, un tempo mentore, ha barattato l’integrità con le luci di Hollywood.

Tra gli adulti di riferimento esterni alla famiglia spiccano il bonario professor Spencer, che però reagisce con sfiducia di fronte al “fallimento” dell’alunno, e il professor Antolini, che offre aiuto al protagonista in un momento di vulnerabilità ma poi, nel mezzo della notte, lo mette a disagio cercando di sedurlo.

Un porto sicuro

Ecco che al giovane, già provato dagli sconvolgimenti della fase di vita che sta attraversando, non restano porti a cui attraccare al di fuori della piccola Phoebe: solo la sua testardaggine da bambina lo convincerà a non prendere il largo. Del resto «ciò che distingue l’uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l’uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa» (Wilhelm Stekel).

L’aiuto di un professionista

A volte il disagio e il malumore impediscono alla persona di studiare in maniera efficace e di interagire serenamente con la rete sociale. La perdita della motivazione, il fatto di non provare più piacere per le attività un tempo predilette o pensieri svalutanti su di sé sino ai pensieri e agli agiti auto-lesivi sono solo alcuni dei campanelli d’allarme di una condizione in cui il carico emotivo è diventato eccessivo.

In questo caso, è importante rivolgersi a un professionista per dare un significato alla sofferenza e ritrovare la serenità necessaria per rimettersi in cammino – attraverso la vita e un biondo, fragrante campo di segale.

Articolo a cura della dr.ssa Virginia HurleCentro Psicologia Maggiolina