Curarsi con i libri è la nostra rubrica in cui vi presentiamo i libri che abbiamo letto per noi e per voi e che ci hanno stimolato riflessioni, considerazioni e suggerimenti sui temi che riguardano il nostro lavoro di psicologi psicoterapeuti, la salute mentale e la promozione del benessere psicologico. 

In questo secondo articolo della serie Curarsi con i libri vi presentiamo Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin. Un romanzo che ci parla di resilienza, crescita post-traumatica e anti-fragilità.

“Cambiare l’acqua ai fiori” è il secondo romanzo di Valerie Perrin, un’autrice, fotografa e sceneggiatrice francese, che sa come dipingere con le parole. È uno di quei libri che ti dispiace finire; vorresti poter non rinunciare alla compagnia dei personaggi e soprattutto di Violette, la protagonista principale. È un libro che in alcuni momenti ti culla e in altri appassiona come un poliziesco. La storia di Violette mi ha stimolato molte riflessioni sul rapporto con la sofferenza, sulla possibilità di cambiamento e sulle risorse delle persone nell’affrontare le piccole e grandi difficoltà. Mi ha portato anche al senso e alla pratica del lavoro di psicoterapeuta, del processo attraverso cui accompagniamo le persone non solo a fare i conti con il proprio dolore e le proprie sofferenze, ma a riprendere a spiegare le vele per poter navigare attraverso la propria vita.

La Trama

Violette è stata una bambina, poi una ragazza e infine una donna a cui la vita non ha risparmiato le sfide. Orfana, si innamora molto giovane di un uomo capace solo di amare se stesso, e forse neanche, da cui ha una figlia che diventerà la sua unica ragione di vita.

Una serie di circostanze, fortuite e non, per buona parte drammatiche, la portano a diventare la guardiana del cimitero di un piccolo paese della Borgogna. Prendersi cura dei morti la porta a prendersi cura dei vivi, inclusa se stessa.

Dopo una serie di disagi, mortificazioni e umiliazioni a cui Violette non dà importanza nel tentativo di sopravvivere emotivamente, si scontra con quella che sarà la sofferenza più grande. Da quel giorno per lei vivere perde totalmente senso; la solitudine e il dolore la travolgono. Fino a quando un nuovo spiraglio si apre grazie all’intervento di Sasha, guardiano del cimitero di Brancion-en-Chalon, di cui Violette prenderà il posto quando lui partirà per un lungo viaggio. Il romanzo racconta di come, gradualmente, Violette fa i conti con il passato e ricostruisce un presente.

Dal trauma alla crescita post-traumatica

“Ho aperto le tende, poi le finestre. Sono scesa in cucina, ho messo a bollire l’acqua per il tè e fatto prendere aria alla stanza. Mi sono ridedicata al giardino, ho ricominciato a cambiare l’acqua ai fiori. Ho di nuovo ricevuto le famiglie e offerto loro qualcosa di caldo o di forte da bere”.

Per Violette il processo è lento e graduale. Si manifesta attraverso piccole cose, gesti quotidiani, magari banali e che proprio in quanto tali riconnettono a una condizione di “normalità”. E un po’ come avviene per la protagonista del racconto di Erickson, “la regina delle violette africane”, prendendosi cura delle sue piante, delle verdure che crescono generosamente in quell’orto adiacente al cimitero, offrendo un cordiale e una parola di conforto a chi ha perso un proprio caro, Violette (re-)impara a vivere. Dal dolore, dai traumi, dalle perdite sperimenta quella crescita post-traumatica su cui da qualche tempo si è intensificato l’interesse di psicologi e ricercatori. Violette incarna così un aspetto cruciale in un percorso di terapia, il cui senso non sta nel sopravvivere al trauma, al dolore, alla sofferenza ma nel trovare una dimensione diversa di salute e di benessere.

“Un po’ di pioggia, un po’ di sole, e spuntano germogli venuti da chissà dove, forse portati dal vento”

Violette è anche uno splendido esempio di anti-fragilità: i doni che riesce a fare alle persone che abitano il suo piccolo mondo e che col tempo riuscirà a fare anche a se stessa non avrebbero potuto esistere se la sua fosse stata priva di cadute e di risalite. Questo non significa semplicemente che si impara dagli errori e che è solo la sofferenza che fa crescere. Anzi, Violette e i suoi amici fioriscono insieme ai fiori e alle piante di cui la protagonista si prende cura nel giardino e nell’orto antistante alla casa attaccata al cimitero; prosperano nel disordine, nell’incertezza, nell’imprevedibilità della vita di ciascuno tenendosi compagnia, prendendosi cura l’uno dell’altro, ciascuno a modo proprio.

Anti-fragile

Nassim Taleb, nel suo libro “Anti-fragile”, spiega come tutti gli organismi e i sistemi non solo sono predisposti a sopravvivere ai cambiamenti e agli stressor; affinché una persona o un’organizzazione possano prosperare è assolutamente necessario che vengano sottoposti a una serie di eventi avversi, di piccole dimensioni e in maniera costante. L’adattamento dinamico e la capacità di rispondere in maniera flessibile che ne conseguono diventano risorse preziose a cui attingere nel momento di difficoltà. L’iper-protezione crea una profezia che si auto-avvera: più una persona non è esposta al rischio di un danno, più verrà danneggiata nel momento (inevitabile) in cui qualche evento avverso si presenterà.

Anti-fragilità e adattamento

Violette sembra avere quella capacità di cui parla Taleb, “un meccanismo attraverso il quale il sistema si rigenera in continuazione utilizzando, invece che soffrendo per, eventi casuali, traumi non prevedibili, stressor e mutabilità.” L’imprevedibilità degli eventi non è una bestia da domare; è piuttosto un’onda da cavalcare, con presenza e consapevolezza.

L’anti-fragilità non è una caratteristica innata, un talento, una questione di carattere. Si costruisce nel tempo, attraverso le esperienze e la consapevolezza e la compassione con cui si vivono tali esperienze. Anti-fragilità non implica non provare emozioni, distress, fatica ma, con le parole dell’autore, trasformare “la paura in prudenza, il dolore in informazione, gli errori in iniziazioni e il desiderio in iniziativa” .

“Ogni giorno la bellezza del mondo mi inebria. Certo, c’è la morte, i dispiaceri, il brutto tempo, il giorno dei morti, ma la vita riprende sempre il sopravvento, arriva sempre un mattino in cui c’è una bella luce e l’erba rispunta dalla terra riarsa” 

“Cambiare l’acqua ai fiori” è la sceneggiatura se non di una vita reale di una vita verosimile in cui la protagonista, grazie anche all’accompagnamento deciso ma rispettoso di Sascha, trova l’opportunità per crescere, cercare nuovi significati, coltivare nuove intenzioni, sperimentare la capacità di andare oltre l’adattamento e dedicarsi lavorare la terra, a innaffiare, raccogliere gli ortaggi maturi, coltivare – come le dirà qualcuno nel libro – “per condividere, sennò non è divertente”

Hanno letto per voi – e presentato il 17 Febbraio 2023 in un incontro alla Biblioteca di Viale Zara 100, nel Municipio 2 di Milano- “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin Lara Bellardita  e Federica Ioppolo del Centro Psicologia Maggiolina. Seguiteci su Facebook e Instagram per i nuovi appuntamenti di Curarsi con i libri presso la Biblioteca.

Articolo a cura di Lara Bellardita